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Assumersi la responsabilità della propria salute e della propria felicità

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Edward Bach | Energia vitale | Sofferenza

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Assumersi la responsabilità della propria salute e della propria felicità
2. Il gioco delle cause
Tutte le pagine

«La sofferenza è un correttivo che mette in luce la lezione che non avremmo compreso con altri mezzi, e non può essere eliminata fino a quando quella lezione non è stata imparata».

Dottor Edward Bach


1. L’energia vitale spirituale

L'omeopatia e la medicina naturale parlano abitualmente della Vita, e in particolare di quella dell'uomo (vita: ciò che distingue un organismo morto da uno vivo) come Forza, o Principio spirituale, cioè non direttamente percepibile ai sensi, e perciò non quantificabile, non materia.

L'intelligenza, mente, memoria è altra cosa, anche se il suo funzionamento viene condizionato dallo stato di salute della Forza Vitale, la quale, pur appartenendo alla nostra essenza, pur essendo spirituale, o sul tipo dello spirito, non ha intelligenza né reminiscenza (la memoria invece, si sa, la posseggono tutti gli animali).

Ed è questa Forza Vitale spirituale che si ammala. Vi sono infatti delle Forze nemiche della vita, pure spirituali, che la aggrediscono con influsso malefico. La vita allora si agita anche con violenza per liberarsi del male che l'ha intaccata, scuotendo anche il corpo, il quale risente, in tal modo, patologicamente del male di cui la vita - che lo rende vivo - soffre.

Ma il Creatore, Signore della vita, ha naturalmente disposto il rimedio: una forza, anche questa spirituale, insita in una sostanza (minerale, vegetale, animale) che, diluita e dinamizzata, assunta dall'organismo vivente, produce sulla Forza Vitale, e quindi sull'organismo vivo, sintomi simili a quelli del male sofferto e un po' più forti.

Come poi agisca, nel bene e nel male, la Forza-Principio di vita, è certo di importanza relativa per l'arte medica tanto più che - come sembra - non è conoscibile; ma non poniamo pregiudiziali alla ricerca; importante però sarà osservare (e lo faremo) come in tutto il procedimento positivo giochi l'amore: sì, anche del medicamento; come al contrario la mancanza di amore assuma il ruolo di male.

Infatti qui si pongono come condizionamento all'incontro dei tre elementi in gioco (Forza-Principio Vitale, Malattia e Medicamento Omeopatico), le disposizioni, fondamentalmente psichiche, di cui prima detto: nel medico, nei ricercatori e nel paziente.

È allora la mancanza di spiritualità positiva (tensione, evoluzione verso il meglio, insieme a quella globale dell’individuo e collettiva) a far sì anche che l'omeopatia non venga accettata. Essa non può infatti agire che in condizioni positive per la salute, in mancanza delle quali non può essere compresa.

Di qui la grande importanza della spiegazione spirituale o meno della salute, del male e del rimedio. Tale spiritualità si dimostra poi proprio vera, dalla efficacia della cura omeopatica in dette condizioni positive, anche se si possa non accorgersene per mancanza di sensibilità (natura, età, incapacità di comprendere).

A questo punto sarà lecito (sempre nell'intento di perfezionare anche con la conoscenza tutto il nostro essere, e per persuadersi della verità della Omeopatia, e quindi renderla operante anche in soggetti capaci di riflessione), lecito e doveroso interrogare gli altri modi globalmente umani di informazione ed apprendimento, per avere un controllo delle prove o difficoltà all'impostazione e soluzione secondo la scienza immateriale del problema e dell'arte della salute, per trarne conseguenze soprattutto pratiche, indispensabili.

Allora, bisognerà consultare anche Filosofia e Scienza positiva, Teologia e Parapsicologia, i modi più vistosi, o, se si vuole, ufficiali.

Il resto è intuizione, e poi vengono la visione e la contemplazione: dove il pensiero - raggiunto, l'essere, tace il suo scopo.

Intanto, in questi contesti più ampi consegnatici dalla tradizione di ricerca nel cammino umano (sempre cercando di salire verso la vetta o - che è lo stesso - di scendere al cuore dell'universo), come si collocano le udite affermazioni ed esperienze di questa speciale Medicina?

Su cos'é che si ammala (Cos'è la Forza Vitale, esattamente?);

su come ci si ammala (Vi è davvero un Nemico?);

e di che ci si ammala (Cos'è quel guasto contagiato: può essere davvero orgoglio?);

e che cosa ostacola la guarigione (Vi sono virtù e vizi, fra tanta relatività? Quali?);

e come si guarisce (Qual'è la natura e azione ultima del medicamento?).

Diverse teorie, diversi sistemi: vagliare, scegliere, comporre (non ripetendo, al possibile, quanto già detto), per cui sarà proprio necessario cercar di arrivare - quanto ci è dato, anche se sinteticamente - alla natura ultima (almeno rispetto a noi), all'origine delle cose, alla Forza Vitale dell'universo. Del resto, già Platone aveva avvertito che né l'anima né il corpo si possono capire indipendentemente dalla natura del tutto; in caso contrario si conoscerebbero i preliminari della scienza ma non la scienza.


2. Il gioco delle cause

Quando si affronta il problema del contenuto, cioè del messaggio della malattia, la medicina tradizionale va alla ricerca delle cause, poiché, come le altre scienze naturali, parte dalla premessa che tutto ha un motivo le cui radici vanno ricercate nel passato. Trovare ed eliminare queste cause è il suo scopo. La medicina tradizionale critica gli altri approcci definendoli non scientifici, un rimprovero che, come dimostreremo, le si ritorce contro.

Ciò che colpisce in questo concetto di causa è la sua limitazione. Si indaga, infatti, in una sola direzione, cioè verso il passato e si pone la domanda-standard «perché?» una o al massimo due volte. Naturalmente si potrebbe cercare anche in altre direzioni e porre tutte le domande che si vuole. Perché mi sono preso il raffreddore? A tale interrogativo la medicina tradizionale potrebbe fornire questa risposta, nel complesso accettabile: «Perché due giorni fa sono stato contagiato da un virus». Ma perché mai il virus è riuscito a contagiarmi? - «Perché il mio sistema immunitario era indebolito». Anche qui si potrebbe continuare a investigare: Perché il sistema immunitario era indebolito? La risposta toccherà prima o poi l'eredità genetica: «Perché ho ereditato questo sistema immunitario, dai miei genitori». Ma perché i miei genitori mi hanno trasmesso proprio questo sistema immunitario? Il nuovo interrogativo ci porta ai nonni, che a loro volta hanno ereditato il loro sistema dai genitori e così via. Alla fine arriveremo ad Adamo ed Eva e alla domanda: Perché i primi uomini avevano ricevuto proprio questo sistema immunitario? Con questa tecnica investigativa «più scientifica» potremmo risalire ancora indietro nel tempo fino ad arrivare al Big Bang e il seguente interrogativo rimarrebbe in ogni caso senza risposta: Perché - per volontà di Dio - improvvisamente all'inizio di tutto c'è stato il Big Bang?

Il principio della causalità è a prima vista convincente, ma, considerato più da vicino, rivela certe precise debolezze, la principale delle quali è che, in ultima analisi, non rende giustizia alla realtà, come ci spiega la fisica moderna. Come scienza più progredita della altre, essa ha superato i limiti di una concezione del mondo meccanicista, basata sulla causalità e l'ha confutata.

I fisici, grazie alle loro ricerche sulle particelle atomiche, sono arrivati ad una svolta decisiva non solo per la medicina: hanno infatti scoperto che tutte le particelle, perfino i fotoni, possiedono un antipolo speculare. Ogni particella possiede una gemella ad essa opposta in tutto. Fu Einstein il primo a verificare che, sollecitando una delle due particelle gemelle e lasciando l'altra in uno stato di quiete, nel momento in cui avveniva il cambiamento di stato della prima, sorprendentemente anche l'altra subiva un'analoga trasformazione, che permetteva loro di mantenere i ruoli polari opposti. Ancora di più sorprendente era il fatto che entrambe le trasformazioni avvenivano nello stesso momento, il che impediva di spiegare in che modo avvenisse lo scambio di informazioni.

L'inglese John Bell riuscì infine a dimostrare matematicamente che le particelle derivanti da una fonte unica restano sempre in collegamento in maniera non comprensibile logicamente e non causale. Il teorema di Bell fa ancora un passo avanti, cioè non riguarda soltanto il campo subatomico delle microscopiche particelle, ma ha una validità generale. In questo modo il principio di causalità è stato contraddetto, o meglio, è diventato un modello esplicativo che consente soltanto di avvicinarsi alla realtà.

Se si considera che, secondo la scienza, il nostro universo ha origine da un'esplosione, il già citato Big Bang, esso deve essere necessariamente costituito da particelle collegate le une alle altre. E proprio da questa considerazione prendono le mosse le sacre scritture dell'oriente. I Veda dell'induismo e i Sutra del buddhismo descrivono la realtà come un insieme di aspetti connessi gli uni con gli altri. Se oggi la fisica moderna presenta risultati che sfiorano la metafisica, non si tratta di un avvicinamento tra conoscenze moderne e conoscenze antichissime, ma di una graduale comprensione da parte della scienza al sapere eterno delle dottrine di saggezza.

Se la causalità è confutata, resta la domanda: perché continuare ad attenersi ad essa? Eliminarla del tutto sarebbe per noi, nella nostra società, assolutamente impossibile, perché il nostro pensiero ne è impregnato perfino con riferimento alla lingua (come è dimostrato, ad esempio, proprio da questa frase).

Non c'è, del resto, alcun motivo per continuare ad attenersi ad una sottospecie limitata del pensiero causale come è il sistema scientifico. Possiamo servircene come del mezzo migliore che abbiamo a disposizione per avvicinarci a un universo che «accade» sincronicamente, come già ha fatto Aristotele, ed ampliarla. Il vantaggio di una concezione dilatata della causalità diventa immediatamente evidente non appena esaminiamo scientificamente un evento piuttosto semplice, quale un risultato sportivo. Una corsa di centro metri è troppo lunga e così dobbiamo isolare un piccolo tratto, la partenza. Alla domanda standard della scienza: Qual è la causa dell'improvviso scatto dell'atleta?, si può dare una risposta scientificamente accettabile: il segnale di partenza. Era efficace nel passato e lo è ancora oggi, lo si può produrre e riprodurre senza difficoltà.

Chi è esperto di atletica leggera, non sarà assolutamente soddisfatto di questa risposta e osserverà che la causa più importante dello scatto dell'atleta è il suo desiderio di conquistare la medaglia d'oro. Una eventuale vittoria è però un evento che riguarda il futuro e in quanto tale non può essere accettato dalla scienza come causa. Secondo Aristotele, alla base di ogni evento c'è una causa. Nella corsa dei cento metri, questa sarebbe costituita dalle norme di gara, che vietano dì servirsi per esempio di una bicicletta o di qualsiasi altro aiuto. Inoltre, soltanto grazie a un modello che esiste già da molto tempo, «la corsa dei cento metri», gli atleti sanno in quale direzione devono correre. Infine c'è ancora la base materiale, o causa, come la pista o i muscoli, che anche la scienza accetta. Con quattro cause invece di una non abbiamo ancora raggiunto la verità, ma ci siamo avvicinati ad essa. Se trasferiamo queste quattro cause all'interpretazione della malattia, l'interpretazione effettuata dalla medicina tradizionale verrà certamente completata ed ampliata.

Per abitudine e cecità, accade sovente che per importanti aspetti della malattia ci si rifugi tra le braccia della solita mono causalità. La specifica polmonite viene rimandata soltanto al suo virus e su di essa si smette di interrogarsi. Naturalmente in ogni polmonite sono in giro agenti patogeni, che rappresentano la causa che ha le sue origini nel passato. Che essi però non siano mai i soli responsabili, è dimostrato dal fatto che la maggior parte delle persone sane ne ospita dei simili nei propri polmoni senza ammalarsi. Se però a causa di un grave incidente d'auto ci si ritrova in un reparto di terapia intensiva, è possibile che questi divengano attivi. In questi reparti la probabilità di contrarre polmonite non è alta perché vi sono molti agenti patogeni, anzi in nessun luogo essi vengono combattuti e sterminati in modo altrettanto efficace. Il motivo principale risiede nel conflitto di comunicazione che si instaura: i contatti sono resi possibili solo da un tubo di plastica. Così, come esiste sempre una causa funzionale, esiste una causa rivolta allo scopo o al significato, e anche un modello in cui l'intero evento trova la sua collocazione.

 

 

Ultimo aggiornamento Martedì 21 Ottobre 2008 22:01  

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