Problematiche legate al consumo della carne nella nostra dieta quotidiana e accenni ai consumi alimentari mondiali ed italiani.
In Italia si allevano 9 milioni di bovini, 9 milioni di suini, quasi 13 milioni tra ovini e caprini, 500 milioni di polli "da carne", 50 milioni di galline ovaiole, 100 milioni di conigli e centinaia di milioni di altro pollame (galline faraone, tacchini, quaglie, ecc.).
In Europa, i numeri ovviamente crescono: 90 milioni di bovini (di cui 30 milioni di vacche), 118 milioni di suini, 250 milioni di galline ovaiole.
In tutto il mondo: 1 miliardo e 300 milioni di bovini, 2 miliardi e 700 milioni di ovini e caprini, 1 miliardo di suini, 12 miliardi di polli e galline e altro pollame.
Per rendere meglio l'idea: il 24% della superficie terrestre è occupato, direttamente o indirettamente, da bovini. In Australia, la popolazione bovina supera quella umana del 40%. In Sudamerica ci sono mediamente nove vacche ogni dieci persone.
Ogni anno in Italia si macellano circa 4.700.000 bovini di cui la metà italiani e la metà importati.
Nord, Centro e Sudamerica producono il 43% di tutta la carne bovina del mondo. L'Europa occidentale il 17%, la Russia il 18%.
I bovini hanno colonizzato il 40% della superficie degli Stati Uniti, a esclusivo vantaggio di allevatori, banchieri e nobili inglesi, che godono di accesso praticamente gratuito a milioni di ettari di pascolo, la cui manutenzione è finanziata dalle tasse dei cittadini americani.
L'allevamento dei bovini a mais
Assieme ai grossi capitali, gli inglesi portarono in America il gusto per la "carne grassa": gli inglesi preferivano la carne rossa abbondantemente venata di grasso, e per ottenere questo risultato iniziarono a nutrire i bovini con mais, anziché, come la natura prevede, con erba e fieno. Dapprima si utilizzò solo il poco mais prodotto in eccesso da alcuni stati americani. Nelle praterie dell'Iowa si allevavano i bovini a pascolo, i quali partivano poi per l'Illinois, dove venivano ingrassati a mais, e inviati infine ai macelli di St. Louis o Chicago.
Già negli anni ottanta dell'Ottocento, il 90% delle carni consumate in Inghilterra proveniva dall'America.
In sostanza, la domanda di carne grassa da parte degli inglesi, la volontà degli allevatori del West di guadagnare il più possibile, la necessità dei coltivatori di mais del Midwest di vendere le proprie eccedenze, e l'interesse degli investitori britannici nel lucrare su questa nuova attività , diedero vita a quello che viene definito il nuovo "complesso bovino euroamericano", una rete di rapporti commerciali e sfruttamento della terra che ha al suo centro i bovini.
Già negli anni ottanta dell'Ottocento, il 90% delle carni consumate in Inghilterra proveniva dall'America.
Dopo la prima guerra mondiale, la produzione cerealicola degli Stati Uniti aumentò considerevolmente grazie all'introduzione di nuove tecniche agricole: l'introduzione di particolari monocolture cerealicole, il massiccio uso di fertilizzanti chimici e di pesticidi, la meccanizzazione dei processi produttivi e agricoli fece aumentare la resa per ettaro del 240%.
Occorre notare, però, che la fisiologia del bovino non lo rende adatto al consumo di grandi quantità di cereali a elevato contenuto calorico. Questa dieta causa diverse malattie al sistema digestivo, come ad esempio ascessi al fegato.
Poche e imponenti aziende sorvegliavano con il loro controllo l'industria della carne, dall'allevamento, al mattatoio e fino ai trasporti. Le cinque aziende più grandi formarono il "cartello della carne", con il monopolio così dei mercati, con inosservanza delle leggi federali. Nel 1903 la Corte Suprema degli Stati Uniti emise un giudizio contro il cartello, per cui a scopo di inosservanza astuta tre delle cinque aziende si unirono a formare un'unica potentissima compagnia, la National Packing Company, che la stampa popolare battezzò "il più grande trust del mondo".
La compagnia fu sciolta nel 1913, ma nel frattempo si era formato un altro cartello di cinque oligarchi dell'industria della carne, stavolta a livello internazionale, i quali avevano interessi, oltre che nell'allevamento, macellazione e confezionamento della carne, anche nelle società ferroviarie, nei centri di raccolta del bestiame, nelle macchine utensili, nei magazzini, e in altre svariate attività produttive e fornitrici di servizi.
Gli standard, i processi e le tecniche dell'industria della macellazione influenzarono tutti gli altri settori dell'industria moderna. La produzione di massa, la divisione del lavoro e la catena di montaggio furono inventati dall'industria della macellazione.
La desertificazione in Africa
Fonte: "Ecocidio", J. Rifkin; Ed. Mondadori, 2001
Oggi più del 50% della superficie dell'Africa è riservata al pascolo di 23 milioni di capi di bovini. Le politiche coloniali hanno trasformato la piccola economia agropastorale delle tribù nomadi e stanziali, che si manteneva in efficace equilibrio tra allevamento e vincoli ecologici ricorrendo alla migrazione, portandola ad essere il maggiore fattore di desertificazione.
A tale scopo è stato introdotto in tutta l'Africa il sistema dei pozzi profondi, che si ritenevano inesauribili fonti d'acqua intorno alle quali si sarebbero stabiliti i pastori seminomadi. La disponibilità d'acqua incoraggiò infatti le tribù ad aumentare grandemente le dimensioni delle mandrie, tanto da spogliare del tutto, in pochi anni, i pascoli adiacenti ai pozzi. Le proporzioni, ricorda Rifkin, sono di 6000 bovini al pascolo in territori che ne sosterrebbero a malapena 600. Oggi il continente africano ospita 186 milioni di bovini, uno ogni 3 persone.
BIODEVERSITÀ E DESETIFICAZIONE: Gli allevatori hanno steso chilometri di filo spinato nella savana, che impediscono agli animali selvatici di spostarsi in cerca di cibo, e decretandone la morte per fame. La definitiva scomparsa di specie selvatiche è stata causata dall'eccesso di pascolo e dalla desertificazione, uniti alla siccità .
Farmaci e sostanze tossiche presenti negli animali d'allevamento
Negli animali si concentrano i pesticidi usati per la coltivazione dei vegetali che formano il loro mangime: si è stimato che negli USA l'80% dei pesticidi e fertilizzanti viene utilizzato per la coltivazione dei vegetali (cereali, semi oleosi e proteaginose) destinati all'alimentazione degli animali d'allevamento.
Se l'uomo consumasse direttamente gli stessi vegetali, coltivati nello stesso modo, ne mangerebbe molti meno: per incamerare la stessa quantità di proteine, da alimenti vegetali e dalla carne degli animali che consumano cibi vegetali, il rapporto è di circa 1 a 16 (nel caso di carne bovina). Infatti, per un grammo di proteine che l'animale "produce", esso deve mangiare 16 grammi di proteine vegetali (perché ovviamente, la maggior parte delle sostanze nutritive viene usata nei processi metabolici dell'animale).
POLLI ALLA DIOSSINA: Quando i mangimi contengono panelli di olii esausti, o sostanze ancora più tossiche, il rischio è maggiore, come è accaduto, ad esempio, nella vicenda dei polli alla diossina, in cui questa sostanza era contenuta nei mangimi degli animali.
ALIMENTI DI RECUPERO, provenienti dalle più disparate produzioni, regolarmente permessi sono infatti: residui industriali di agrumi, alghe marine essiccate, residui di semi sgusciati di anacardi, semi e residui della lavorazione delle arachidi, farina sgrassata di carne di balena, banane essiccate e sfarinate, polpa e residui di barbabietola da zucchero, sottoprodotti della lavorazione della birra, bucce di cacao, farina di carne con ossa, lieviti da petrolio, farine di sangue, siero di latte, scarti essiccati di uova, urea, semi disoleati di uva, zucchero, e molto, molto altro.
Se queste fossero tolte dalla catena alimentare, probabilmente sarebbe necessario diminuire il numero degli animali allevati.
In Europa vengono consumate 5000 tonnellate di antibiotici LEGALI, di cui 1500 per favorire la crescita artificiale di polli, suini, tacchini e vitelli. A queste vanno aggiunte tutte le sostanze illegali largamente impiegate, che molto difficilmente vengono scoperte nei controlli veterinari (che sono comunque pochissimi, viene controllato un animale ogni 7000), perché sono sempre diverse e se non si conosce a priori la sostanza cercata non si possono eseguire test per scoprirne la presenza.
GLI ESTROGENI SEMPRE PRESENTI: In ogni tipo di carne provocano anche diverse disfunzioni a livello ormonale negli esseri umani. Ad esempio, nel Centro di ginecologia dell'infanzia e dell'adolescenza dell'Università di Torino è stato verificato un aumento dei casi di telarca (sviluppo delle ghiandole mammarie prima della pubertà ) nelle bambine, e come terapia è stata consigliata l'esclusione dalla dieta di ogni genere di carne.
Patologie causate dai cibi di origine animale
Secondo un rapporto del Surgeon General degli Stati Uniti, più di 1,5 dei 2,1 milioni di decessi riscontrati nel 1987 possono essere messi in relazione a fattori alimentari, soprattutto al consumo di grassi saturi e colesterolo.
DIMERI: Ad esempio, per quanto riguarda i beta agonisti, i laboratori riescono ad individuarne solo una ventina, mentre nel circuito clandestino ne circolano oltre ottanta. A ciò si devono aggiungere le sofisticazioni dei trattamenti. Si fa ricorso, ad esempio, nel caso degli ormoni sessuali, a cocktail bilanciati che garantiscono l'effetto finale ma mantengono, per ogni singola sostanza, un livello al di sotto della soglia di rilevabilità delle analisi.
Se i residui vengono assunti dalle persone, ci sono dei rischi?
A questa domanda non è semplice rispondere, poiché è troppo facile e corretto dire sì, ma bisogna poi spiegare perché non si vedano delle conseguenze immediate sui consumatori. Come noto, la tossicità , cioè la capacità di causare intossicazione da parte di sostanze estranee, viene suddivisa in quattro categorie principali, definite tossicità acuta e cronica, cancerogenesi e teratogenesi.
OBESITÀ INFANTILE
Il primo grafico che vi presento è il consumo di frutta e ortaggi degli italiani. Notate come il consumo si sia impennato a partire dagli anni '60. Se il consumo di patate è rimasto quasi costante frutta fresca e pomodori, e più di recente gli agrumi, sono aumentati di molto.
Il consumo di carne e pesce è invece aumentato in modo spettacolare a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. Interessante notare che solo dieci anni dopo la fine della guerra si sono raggiunti i livelli di consumi di carne e pesce rimasti stabili per tutti gli anni '30.
Il consumo di cereali invece è addirittura diminuito dagli anni '30 del secolo passato, soprattutto a spese di cereali minori come il granoturco (il "frumentone" di una volta) e la segale. Il consumo di frumento è leggermente diminuito dagli anni '30. Quella che è cambiata è la composizione: meno pane e più pasta di vari tipi.
Che cosa mangi?
Consumi alimentari in Italia e in America
Lo spunto a cercare qualche statistica riguardo i consumi alimentari degli italiani me la dà questa bella infografica realizzata da visualeconomics, cliccate sulla figura per vederla a schermo intero sul sito originale.
E così mi sono chiesto: ma quali sono i consumi alimentari in Italia? Non è facile trovare dei riferimenti e soprattutto delle tabelle, e un grafico come quello di visualeconomics è letteralmente impossibile da trovare. Però qualcosa ho rimediato.
Partiamo dagli americani.
Il consumo medio è di 2700 kcal al giorno.
I prodotti più consumati sono, in un anno:
- 272 kg di prodotti lattiero-caseari (formaggi esclusi)
- 188 kg di vegetali
- 124 kg di frutta
- 61 kg di cereali
- 50 kg di carne rossa
- 38 kg di grassi e oli
- 33 kg di carni bianche (pollo ecc.)
e così via, per un consumo totale di 905 kg all'anno di alimenti. Sul sito c'è il dettaglio, in libbre, di tutti gli alimenti consumati.
(La conversione da libbre in chilogrammi la si fa su google scrivendo: X libbre in chilogrammi, con X la quantità di libbre da convertire)
Ora alcuni dati su quello che mangiano gli italiani.
Questi che seguono sono tratti dall'European Food Safety Authority (EFSA). Sono dati pubblicati nel 2008 e si riferiscono al periodo 1994-1996. Nello specifico, riguardano 1544 individui, per un arco di 7 giorni, età dai 16 ai 64 anni.
Alcuni dati macroscopici:
- totale cibi consumati 758 kg all'anno
- sub-totale cibi solidi: 1,117 kg al giorno (per un confronto con gli americani, fanno 407 kg all'anno)
- sub-totale cibi liquidi: 0,964 kg al giorno (che fanno 351 kg all'anno)
Seppure appartengano a periodi diversi, si nota una discreta differenza tra il consumo totale americano e quello italiano: 905 kg contro 758 kg.
Altri dati di raffronto, in un anno:
- 140 kg di frutta
- 99 kg di cereali + 18 kg di altri amidi come patate
- 91 kg di vegetali
- 77 kg di prodotti lattiero-caseari (formaggi esclusi)
- 50 kg di carne
- 16 kg di pesce
- 13 kg di grassi e oli
e così via. Il consumo medio è di 2188 kcal al giorno.
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