Nella nostra epoca non riusciamo a concepire bellezza
E' tipico della mentalità della nostra epoca che non riusciamo a concepire bellezza eccetto che in termini di passato, denaro,o del lavoro di qualcuno. Non riusciamo a concepirla come l'apparente e visibile segno di una grazia intima e spirituale, non vediamo le gemme ed i fiori di un albero come carattere o ciclo, processo ordinato o reverenza.
Nella nostra cultura il generale rifiuto dello spirito, la morte dell'anima, nome col quale vogliamo fuggire dalla visione interiore di un mondo oltre, è andato così lontano che anche la materia è stata vista come grossolana, assunta a base, e lontano dall'esaltarla, essa è ora abusata e trattata con disprezzo.
Dai suburbi di Dagenham alle periferie di New York, Napoli o Hannover, un crescente numero di persone adesso vive in un ambiente meno personale e meno interessante di quello realizzato da qualsiasi altra civilizzazione del passato. Un numero crescente di persone ora lavora per organizzazioni che ne negano la colpa, non solo per ciò che loro fanno, ma anche per il tipo o la qualità di ciò che essi fanno, (come disse Ruskin le cosiddette unità di produzione producono ogni cosa eccetto persone).
Bruttura e disordine,si potrebbe dire, sono divenuti uno stile di vita e come scriveva D.H. Lawrence negli anni trenta prima che gli effetti disumanizzanti della filosofia meccanicistica cartesiana raggiungessero il loro apice: "E' come se una malinconia lugubre avesse impregnato ogni cosa".
Anche se la nostra cultura è disordinata e divisa la conoscenza sacra della mente intuitiva o creativa, la risposta all'armonia, ordine, integrità , ritmo, finanche reverenza non è stata completamente estirpata.
Nei momenti eterni e senza tempo noi rispondiamo individualmente alla chiamata del bello, là dove il suo disegno è completo. Qualche volta questi picchi di esperienza, come un paesaggio ghiacciato sotto il sole invernale provvedono in noi ad una immediata percezione della vita come energia vivente. Essi ci danno la capacità di vedere la reale natura delle cose che sono davanti ai nostri occhi, della gente che conosciamo qui ed ora in questo mondo, di tutte le creature e di noi stessi.
Attraverso l'ultima e la più ricca delle risorse umane, la fertile solitudine del sé profondo, il nostro cuore risponde all'incontro con il mondo. Esso danza le lenti melodie delle colline, scivola sotto l'arcobaleno, prega il fiore anche lui dotato di sensibilità . Parlando di una campanula, Hopkins dice: Io conosco la bellezza del Signore da essa: una grande e semplice affermazione ma tuttavia priva di significato per coloro che sono sotto l'incantesimo del materialismo.
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