Uno scordato modo di usare l'immaginazione
Questione fondamentale per Bruno fu «Che cosa fare della fantasia?».
Per Bruno era l'immaginario il nerbo da mettere all'opera: insegnava ad alzare nella mente vasti anfiteatri didattici… Per rammentare una sequenza, basta averla disposta in un tale contesto. Questa arte del rammentare, che forma il tema maggiore del Bruno, chi si sogna ormai di praticarla?
Si è estinta l'energÃa fantastica, non si sa più «scolpire» le immagini, l'uomo non è più re nella sua mente, dove lascia che scorra, turpe fiume di rifiuti, un flusso di coscienza che non cerca neanche più di dirigere, quasi che per sfruttare le potenze esterne avesse dovuto abbandonare l'intimità a se stessa. Al tempo di Bruno questa abdicazione e resa ancora non è avvenuta.
Presupposto del Bruno è il nesso posto dal Ficino tra amore e morte: l'amante si riversa nell'amato e, se questi si riversa di rimando in lui, ciascuno dei due muore e risorge nell'altro.
Bruno argomenta che il Sole, l'assoluta Luce, non si può guardare, ma Diana, la luce riflessa nella natura, si può sorprenÂdere; i più vanno a caccia di apparenze, amano apparenze, pochi scorgono il lume di natura, Diana ignuda. Quando questo accada, l'uomo «è tutto occhio», è mutato in quel lume, non guarda più alle distinzioni e ai numeri, perché ne ravvisa la fonte, Diana; scordate «le distinzioni e i numeri», diventa come un morto in vita, non ama più nulla essendo l’amore, non va a caccia di nulla essendo la caccia.
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