La preghiera come purificazione.
In ogni tradizione si ripete uguale la storia della purificazione progressiva: il pentimento discioglie in acqua lunare e raggela in una saturnina malinconia che stacca dallo spettacolo del mondo. Ma l'intuizione degli archetipi, delle forme angeliche operanti dietro le quinte del gran teatro del mondo, scioglie dalla stretta della malinconÃa, mostrando le energie sottili che plasmano gli eventi: dietro la collera, la calda secchezza di Marte; dietro l'accidioso dubbio, il freddo e secco Saturno; dietro la superbia, il Sole; dietro il vano vagheggiare, la fredda Luna; dietro la gola, Giove; dietro l'industre avarizia, Mercurio; dietro la libidine, il diaccio umidore di Venere. Dietro i fantocci, i marionettaÃ. Ma si discerne anche il distacco del sapiente nel pesante piombo, la fortezza nel duro ferro, l'umana imitazione della vita perfetta nell'argento, la pieghevole temperanza nello stagno, l'alacre zelo di perfezione nel mercurio, la soavità serafica nel rame sonoro. Ognuno di questi metalli guarisce una malattia.
E tutte queste qualità confluiscono infine nell'oro, luce coagulata. Oro, luce, sapienza: sono realtà distinte, ma l'archetÃpo è comune. Quando lo si raggiunge, l'uomo e la natura non si dividono più. Tale la difficile, intravista unità cui san Paolo accenna con voce rotta ed esultante.
Per raggiungere un tale incredibile e irrappresentabile stato occorre che divampi costante il fuoco. «Non spegnete lo Spirito», esorta la prima ai TessalonÃcesà (XIX). È questo il fuoco alchemico recato dal Cristo, che all'ÃnizÃo - insegnerà san Barsanufio - è fumoso, indi lucente a mano a mano che l'anÃma diventi un olio (uno zolfo) senza commistione né d'acqua né di terra.
Che cos'è questo fuoco, visto nella prospettiva dell'uomo incammÃnato alla purificazione, se non la preghiera incessante? Nella prospettiva del fonditore il cui fine supremo sia la pietra, sarà la vampa visibile che tramuta i suoi metalli; dal punto di vista dell'agricoltore vagheggiante le piante tuttifrutti che Dio creò alle origini, sarà il sole. Sul piano dove e l’ìntelletto d'orazione e il fuoco e il sole si formano, opera un'unica forma formante, che variamente si presenta come questa o quella forma formata conforme.
La preghiera si paragona a una fiamma dal crepitare costante, o all'infaticabile murmure di un'acqua viva, o allo stormire d'un albero o di un bosco. I Greci chiamavano gli dèÃ
«coloro che vivono scorrevolmente».
Dirà un mistico bizantino che ogni pianta sotto la brezza divina canta la sua orazione, la sua melodia particolare, e tutte le piante insieme si uniscono in un concertato. Ciascuna voce è una virtù: la moderazione dà un suono secco sottile, la purezza uno limpido e chiaro, la fortezza una nota tenuta e veemente, il disinteresse per le ricchezze è puro e vivace, la serenità è netta e soave.
L'orazione di pura presenza, ininterrotta, è l'acqua di vita che sgorga dal cuore, dalle viscere, e che toghe ogni altra sete; o anche: un fuoco che tutto consuma.
Avvertiranno i Padri greci che una tale orazione non dev'essere fatta nel cervello, bensì «collocandola», sentendola emergere dal plesso solare.
Gli alchimisti insegneranno che il cuore è il focolare o Vesta, che nutre una fiamma sottile. Mentre la vampa spessa e bruciante delle passioni è Vulcano, la preghiera di pura presenza è la fiamma, sottile o vestale, detta Pallade o palladio.
Lo spirito vitale in se stesso o calore innato, simile - avendo ugual natura – all’energÃa che sospinge con regolare moto i corpi celesti.
Allorquando, esenti dalle consumanti e aspre vampe, dalle terrene sollecitudini, l'attenzione nostra va tutta a quell'altro fuoco in noi, siamo dunque astri in cielo.
«Non vi compiacete dei vostri poteri», dice il Cristo ai discepoli ormai taumaturghi, «ma rallegratevi che i vostri nomi sieno scritti nei cieli».
Il loro nome segreto è quello dell'astro che emulano in terra: I cieli sono i libri della vita, delle sorti.
Essere il proprio astro, essere la fine fiamma immutevole della vitalità pura, del calore innato: tale la meta. Ascoltare quel fuoco nella quiete d'ogni altro suono, nella cessazione d'ogni turbamento.
Quel fuoco sempre si effonde, comunque, dal cuore, a infondere vita nel corpo. Il lunare cervello lo tempera e i polmoni lo ventilano come mantici. Una lieve, rÃtmata pulsazione solare, un calmo, parco ragionare e immaginare lunari, consentono di contemplare la fiamma candida e verginale o, variando metafora, di ascoltare l'instancabile, sottile e limpida polla.
A ciò accennano Posidonio, chiamando Dio uno spirito «intelligente e di fuoco», e Filone, insegnando che «la coesione nelle pietre e nel legno è uno spirito che ritorna su se stesso», che dall'intelletto divino scende uno spirito «Ãl quale non è soltanto aria messa in movimento, ma una sorta di stampo e impressione della potenza dÃvÃna».
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